Il punto sulla crisi – 82 / Che succede alle banche piccole?

Pubblicato su: www.teleborsa.it

Approfittando di questa pausa gentilmente concessaci da mercati e speculazione per guardare in maniera più distaccata al recente passato, appare evidente come, in fondo, il sistema bancario italiano abbia retto la forza d’urto dell’attuale crisi molto meglio degli altri sistemi bancari europei. Infatti, mentre molti governi (anche tripla A) sono stati costretti a soccorrere le proprie banche con veri interventi di “salvataggio” (Gruppo Lloyds, Royal bank of Scotland, Hypo Real Bank etc), nel caso italiano, forse con l’eccezione dell’affaire Montepaschi, si sono registrati solamente interventi definibili di “sostegno” (garanzie statali) volti a limitare l’insorgenza di fenomeni di credit crunch a danno delle nostre PMI.

Ciò premesso, è evidente che una crisi di rara profondità quale quella attuale, non poteva non lasciare un “vulnus” anche nel nostro sistema bancario, con la differenza che questo vulnus da noi ha riguardato in particolare banche di dimensioni medio – piccole. Questa situazione è derivata dal fatto che le banche di minori dimensioni – meno vincolate al rapporto tra rischiosità degli impieghi e patrimonio imposto dagli accordi di Basilea alle banche maggiori – hanno assunto di fatto, durante la crisi, due posizioni. Infatti, alcune hanno assunto quasi un ruolo di ammortizzatore aziendale continuando a sostenere quelle PMI, ancora fondamentalmente sane, ma sotto forte pressione a causa della situazione generale. Altre, al contrario, hanno cercato di sfruttare la grande domanda di credito ed i vincoli imposti alle banche maggiori, per praticare un credito disinvolto concesso oltre ogni limite di prudenza.

La conseguenza diretta di quest’ultima strategia, in presenza di una crisi perdurante, è stata una ondata di sofferenze e di credito deteriorato che ha lasciando sul terreno ben 12 banche commissariate, tra cui, oltre ad un manipolo di piccole BCC, anche alcune realtà maggiori quali Banca Marche, Tercas, CR di Ferrera e Popolare di Spoleto.

Ora, grazie al progressivo rafforzamento del sistema bancario italiano avvenuto negli ultimi 7 anni, le citate posizioni sotto tutela verranno sicuramente sistemate senza particolari traumi, sia a livello di risparmiatori, sia a livello di sistema nel suo complesso. Tuttavia, volendo puntare a soluzioni di lungo periodo, i tentativi per riportare in bonis le banche commissariate dovranno necessariamente rispettare almeno tre principi generali che, per altro, si ispirano ad alcuni dei principi alla base della rivisitazione del sistema bancario europeo attualmente in atto.

Il primo principio riguarda la necessità di riaffermare l’importanza di una corretta politica creditizia. Infatti, in molti casi, le cause del commissariamento di queste banche sono derivate da forti legami instauratisi tra banca, politici e frange di imprenditoria che hanno dato luogo a fenomeni di “credito di vicinanza” ben lontani da un equilibrato esame del merito creditizio. A ben vedere, si tratta proprio di quelle problematiche che tutta l’impalcatura della normativa di Basilea ha cercato di limitare imponendo alle banche maggiori l’utilizzo di criteri oggettivi nell’esame del merito creditizio delle aziende.

Da quanto sopra discende direttamente il secondo principio: la discontinuità. Più in particolare la way out di una banca commissariata deve passare necessariamente per una forte rottura con la gestione precedente e con i soggetti che quel passato lo hanno di fatto determinato: in queste situazioni interferenze o influenze di questi soggetti, sia dirette che indirette, non possono più trovare spazi.

Il terzo principio è connesso, infine, al rafforzamento del nostro sistema bancario. Non c’è dubbio che le nostre banche, strette tra una redditività ormai al lumicino ed una esplosione delle sofferenze, dovranno passare per una seconda fase di aggregazioni nel tentativo sia di gestire una situazione sempre più complessa, sia di competere con gli altri Istituti europei. Di conseguenza, nell’ambito della sistemazione delle banche sotto tutela, sarà preferibile scegliere, rispetto ad altre ipotesi, una soluzione che contempli l’aggregazione della banca commissariata con una altra banca che abbia caratteristiche dimensionali, patrimoniali e strategiche compatibili.

Ovviamente, qualora si ritenesse opportuno discostarsi dai tre principi esposti, difficilmente si incorrerebbe in una scomunica a divinis, tuttavia si darebbe l’impressione di muoversi un po’ controcorrente rispetto a quell’impostazione generale che, assai faticosamente, si sta cercando di dare al nuovo sistema bancario europeo.

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