Il punto sulla crisi – 104 / Mario Draghi ed il Quantitative Easing restyled

Pubblicato su: www.teleborsa.it

Dopo una lunga serie di indiscrezioni, annunci e rinvii, la BCE ha annunciato a Dicembre un insieme di misure volte a rafforzare il celebre Quantitative Easing (QE) varato, nonostante le barricate teutoniche, da Mario Draghi a Marzo 2015.

Come ormai noto, il QE è uno stimolo monetario “non convenzionale” varato dalla Banca Centrale Europea con lo scopo di rimettere in moto il volano dell’economia europea. In sostanza il meccanismo ha tre fasi: 1) la BCE inietta liquidità nel sistema comperando titoli di stato ed alcune obbligazioni prevalentemente dalle banche europee; 2) le banche, in presenza di tassi calanti, indirizzano la nuova liquidità fornita dalla BCE verso il più remunerativo credito alle imprese; 3) i nuovi flussi di credito favoriscono gli investimenti delle aziende aiutandole ad uscire dalla crisi.

Ciò premesso, le misure di rinforzo varate a Dicembre, in sostanza, sono le seguenti:

a) allungamento del Quantitative Easing dal Settembre 2016 al Marzo 2017;

b) inserimento nella gamma dei titoli acquistabili dalla BCE di alcuni titoli emessi da regioni ed enti locali (tra cui Lander tedeschi e regioni autonome spagnole);

c) ulteriore taglio dello 0,10% sul tasso (comunque già negativo) praticato sui depositi bancari presso la BCE. Ovviamente, quest’ultima misura è volta a penalizzare gli istituti che preferiscono depositare la liquidità presso la BCE invece che utilizzarla sull’interbancario o a sostegno del sistema produttivo.

In realtà, questo secondo pacchetto di misure ha lasciato perplessi molti analisti ed è stato accolto molto freddamente da borse e mercati. Anzi, a ben vedere, molti hanno colto l’occasione, non solo per criticare il Quantitative Easing considerato sostanzialmente inutile, ma anche per mettere in discussione la stessa politica monetaria sin qui adottata dalla BCE di Mario Draghi.

Probabilmente queste ultime critiche meritano alcune considerazioni:

1) In questi difficilissimi anni la BCE si è dimostrata l’unico Organismo Comunitario organizzato, funzionante e realmente dotato del potere necessario per affrontare i momenti più delicati della crisi. E tutto ciò è derivato dal fatto che Mario Draghi è riuscito, grazie al proprio standing personale, a modificare il DNA della Banca Centrale trasformandola da mera garante della stabilità dei prezzi a garante della stabilità finanziaria (e di conseguenza economica) dell’Europa. Il tutto, superando l’aperta ostilità dei tedeschi (ancora terrorizzati dalla repubblica di Weimar) e senza la necessità di dover mettere mano a trattati europei o ad altro.

2) La BCE, in alcuni momenti, ha dovuto farsi carico di gravi decisioni (non di sua competenza) a causa della totale latitanza decisionale della sfera politica. Ad esempio, la scorsa estate, in un momento delicatissimo, la BCE si è autonomamente assunta la responsabilità di continuare ad erogare alle banche elleniche liquidità di emergenza (ELA) oltre ogni limite previsto, pur di concedere ai governi il tempo necessario per trovare una soluzione politica. In quei momenti, di fatto, l’incapacità della politica di trovare un accordo aveva rimesso nelle mani della BCE il destino della Grecia. E’ infatti decisamente probabile che la sospensione dei fondi di emergenza avrebbe fatto collassare entro circa 72 ore il sistema bancario greco generando un default disordinato e spingendo la Grecia ai margini dell’Eurozona. L’equilibrio con cui la BCE, sottraendosi a pesantissime pressioni, ha gestito la situazione non ha precedenti nella storia della Banca Centrale.

3) Solo grazie all’autorevolezza della Banca Centrale ed alla determinatezza del suo Presidente (tra l’altro conquistata sul campo), è stato possibile fronteggiare gli attacchi in branco della speculazione che hanno colpito a più riprese l’Euro nel periodo più caldo della crisi. Attacchi, come si ricorderà, resi particolarmente cruenti a causa dei sospetti declassamenti e delle inopportune esternazioni effettuate ad hoc dalle tre sorelle del rating nei momenti più delicati della crisi.

Proprio in quelle circostanze, le decise prese di posizioni della BCE – culminate con il celebre “whatever it takes” con cui Mario Draghi affermò la volontà di sostenere l’Euro a qualsiasi costo – hanno verosimilmente impedito l’affondo speculativo contro l’Euro.

Dunque, forse, le recenti misure di rafforzamento del Quantitative Easing sono state tardive, forse hanno deluso le aspettative dei mercati, forse non si è trattato di un QE 2, ma di un più modesto QE “restyled”, tuttavia, rimane il fatto che, senza “questa” BCE, assai difficilmente potremmo oggi disquisire sui futuri scenari, se non con ottimismo, perlomeno con una certa tranquillità.

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