La “forbice del diavolo”

Pubblicato su: www.teleborsa.it

Una lezione inutile

E’ veramente triste dover constatare come tutti gli accadimenti che si sono susseguiti tumultuosamente nell’ultimo biennio – dal fallimento Lehman al “rischio sovrano” dei Paesi denominati dagli inglesi (con buona pace dello stile ” British” e di Lord Brummel) “PIGS” – abbiano lasciato grandi ferite a livello finanziario ed economico, ma praticamente nulla a livello di lezione per il futuro di noi tutti.

In effetti, fino a qualche tempo fa, sembrava del tutto scontato e pacifico che, una volta usciti da un’emergenza dai contorni difficilmente immaginabili e dai costi paragonabili a quelli bellici, si sarebbe proceduto rapidamente a far piazza pulita dei meccanismi, delle strutture e delle persone che avevano, del tutto deliberatamente, portato il sistema finanziario mondiale ad un passo dal collasso. In realtà, al contrario, appena superata la fase più acuta della crisi, si sono subito manifestati alcuni segnali premonitori che ci avvisavano che la “rottamazione” dei meccanismi non sarebbe stata poi così rapida e le “defenestrazioni” non così automatiche.

Innanzitutto, a metà Aprile 2009, ancora in piena crisi, abbiamo “sorpreso” alcune Banche d’investimento americane come Goldman Sachs mentre tentavano di restituire al Tesoro USA, senza fare troppo chiasso, gli aiuti di stato ricevuti appena l’Ottobre precedente. Troppo presto e troppo in fretta per non indurci a pensare che il vero scopo del nobile gesto fosse in realtà quello di scrollarsi di dosso i controlli ed i limiti imposti dal Tesoro così da tornare ad avere mano libera nelle strategie di redditività e, soprattutto, nella concessione dei consueti, enormi bonus ai managers.

Il gioco appariva talmente scoperto che la FED negò allora alle banche richiedenti (la Goldman non era l’unica) ogni possibilità di rimborso anticipato prima dell’effettuazione sulle stesse dei famigerati “stress test”, una specie di elettrocardiogramma “sotto sforzo” in grado di testare la reale solidità delle banche e la loro capacità di “sopravvivere” all’eventuale perdurare ed acuirsi della crisi.

Dopo qualche tempo, si manifestò un secondo segnale, piccolo ma significativo: ci si accorse che l’attività della tanto attesa Commissione di inchiesta sulla crisi finanziaria americana (presunta emula della temuta Commissione Pecora che negli anni ’30 aveva inquisito politici e banchieri ritenuti corresponsabili della “grande crisi”) andava virando, senza dare troppo nell’occhio, verso una tranquilla indagine conoscitiva.

La virata era, tra l’altro, autorevolmente testimoniata dal Presidente della commissione stessa (questa volta, si badi bene, un politico e non un procuratore come nel 1930) che andava chiarendo ai quattro venti (prima che qualcuno potesse spaventarsi davvero) di voler puntare a ricostruire i fatti, non ad “incastrare qualcuno”. Successivamente, sempre più perplessi da questi segnali di immobilismo, ma ancora in spasmodica attesa del “grande evento” (come nel “Deserto dei Tartari”), ci si rese conto che, in realtà, tutti quei fattori di rischio che erano stati ben individuati da economisti, tecnici e politici come le cause della “grande crisi da avidità” continuavano a sopravvivere, difendendosi proprio come esseri viventi dotati di istinto di conservazione.

Addirittura, a ben vedere, questa autodifesa non si dimostrava neanche particolarmente complessa: non assistevamo, infatti, come ci saremmo aspettati, a terribili scontri politici, a serrati confronti tra schieramenti neo liberisti e fautori del controllo pubblico sull’economia, a “muro contro muro” su proposte di modifiche radicali dei meccanismi finanziari. Semmai eravamo spettatori impotenti della lenta, ma inesorabile consunzione di tutte le proposte di cambiamento volte ad evitare il ripetersi di situazioni ad elevatissimo rischio per il sistema finanziario mondiale.
Osservavamo così, ammutoliti, come tutte le misure proposte, quali, ad esempio, la previsione di precisi limiti all’attività speculativa delle banche, la regolamentazione dei derivati, la razionalizzazione degli organi di vigilanza, l’individuazione di nuove regole per le società di rating, la regolamentazione dei bonus ai managers, semplicemente si dissolvevano e svanivano sotto l’azione coordinata delle lobbies.

Al momento, di tutti questi tentativi di riforma non me ne viene in mente uno che sia arrivato al traguardo o che stia perlomeno marciando spedito verso la realizzazione.

Infine, mentre il virus della crisi, attraverso successive mutazioni, abbandonava il settore finanziario per contagiare stabilmente l’economia reale attaccando i principali comparti produttivi, industriali e commerciali, abbiamo assistito, increduli, al manifestarsi di tutta una serie di altri segnali negativi ed in particolare alla nascita di una inedita figura economico – finanziaria idealmente a forma di forbice ben divaricata.

Su un braccio della forbice, quello “rosso”, si andavano posizionando le grandi banche di investimento USA (in pratica le artefici della grande “crisi da avidità”) che, tornate rapidamente all’utile, facevano registrare profitti record nell’ordine dei 55 mld di dollari. Anche qui, però, troppo presto e troppo in fretta per non far sorgere in noi il sospetto che gli ingenti finanziamenti pubblici elargiti alle banche (a tasso quasi zero) non fossero stati utilizzati per far ripartire una economia quasi in deflazione, ma fossero stati nuovamente impiegati dalle stesse (almeno in parte) per risistemare i propri bilanci speculando su titoli e derivati.

Tanto per chiarirci le idee, a giugno 2009 il valore dei contratti alla base dei derivati di Goldman Sachs rappresentava il 34000% del totale delle attività tradizionali della banca!!
Preoccupato da questo rischioso” ritorno al passato”, il presidente dell’agenzia incaricata di vigilare sull’utilizzo dei citati fondi pubblici già avvertiva ad inizio anno: “Stiamo di nuovo percorrendo la stessa pericolosa strada di montagna, tutta curve, ma con un’auto più veloce.” Ma non basta, contestualmente alla troppo rapida ripresa dei guadagni, incredibilmente, in piena crisi, le stesse banche hanno iniziato a distribuire nuovamente, come nulla fosse successo, bonus di dimensioni non facilmente immaginabili ai managers: e così JP Morgan ha distribuito bonus per 9,3 mld di dollari (in media 400.000 dollari a testa), Goldman Sachs 16,2 mld di dollari, con singole posizioni da 20/30 mil di dollari etc.
In totale, nel 2009, le banche di investimento USA hanno elargito la bellezza di 150 mld di dollari di bonus ai propri managers. Scandaloso al punto che il procuratore generale di New York Andrew Cuomo ha avviato una inchiesta sui bonus pagati da 8 banche che hanno beneficiato dei fondi statali.

Ma il vero problema è che sull’altro braccio di questa che definirei “la forbice del diavolo”, lontano mille miglia dalla finanza, dai profitti, dai bonus, c’è, invece, la situazione reale dei vari Paesi. Su questo braccio, questa volta di colore nero, c’è una potente crisi che ha causato in Italia, nel 2009, una riduzione del fatturato industriale del 18% e la chiusura di oltre 30 aziende al giorno e che in Spagna ha portato al fallimento di circa 150.000 aziende con una perdita giornaliera di 4000 posti di lavoro.
Una crisi, tra l’altro più maligna delle precedenti perché si è accanita in particolare su quei settori “labour intensive”, quali l’immobiliare e l’auto, che in genere accelerano il volano della ripresa e che questa volta, invece, per l’entità del colpo subito, non riescono a rispondere bene ai farmaci ed alle cure.

C’è, sul braccio nero della forbice, lo spettro della deflazione che, fedele al suo terribile motto” non compero oggi perché domani potrebbe costare meno” porta alla totale paralisi dell’economia ed obbliga i governi, per contrastarla, a rompere i salvadanai della spesa pubblica devastando così i propri conti ed il futuro dei propri figli.
C’è, infine, una disoccupazione che a Febbraio 2010 ha toccato negli USA la soglia del 9,7 %, nell’area Euro il 10% ed in Italia l’8,5 % con l’aggravante, però, che da noi appare particolarmente accentuata quella giovanile con 1 giovane (non studente) su 4 che cerca e non trova lavoro.

… Goldldman Sachs ha appena inaugurato il suo nuovo grattacielo al n° 200 di Wall Street: 200.000 mq, 43 piani (6 dedicati al trading), costo 2,1 mld di dollari, palestre, piscine, saune, ristoranti… e molti banchieri sono in rivolta perché dai loro uffici la vista non è un gran che!

Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>