Il punto sulla crisi – 65 / Una nuova variabile macroeconomica

Pubblicato su: www.teleborsa.it

Forse l’incredibile scenario di malaffare politico che si è manifestato in tutta la sua gravità in quest’ultimo periodo merita alcune considerazioni, se non altro per le ripercussioni che ha avuto sul sistema economico e finanziario italiano.

Innanzitutto, una considerazione di natura “dimensionale”. Risulta ormai chiaro che il fenomeno di pluriennale depauperamento di risorse pubbliche effettuato a livello locale non può più esser considerato, per la sua ampiezza e profondità, come una “ruberia di singoli” trascurabile a livello aggregato, ma ha assunto le dimensioni di una variabile macroeconomica e come tale deve essere affrontata.

Non bisogna dimenticare, a questo proposito, che il caso Lazio ha solo levato “il tappo” dal vulcano, ma le indagini della magistratura ed i controlli della finanza sono solo all’inizio e devono ancora vagliare, innanzitutto, la reale situazione delle altre regioni (vedi Sicilia). Quando poi i controlli si estenderanno a provincie, comuni, comunità montane etc e, soprattutto, andranno a toccare la palude delle aziende autonome emanazioni dalle autonomie locali, ci si accorgerà che gli importi “deviati” sono enormi e, di conseguenza, enormi sono i potenziali risparmi per il bilancio dello Stato.

Emblematico, da questo punto di vista, l’ultimissimo scandalo legato ai tributi riscossi e non versati ai comuni da “Tributi Italia”: risulta infatti piuttosto difficile convincersi che la società di riscossione abbia potuto sistematicamente sottrarre a 400 comuni il 30% dei versamenti dovuti creando un buco di quasi 100 mil di Euro senza che gli amministratori locali se ne accorgessero.

Una seconda considerazione è di natura sociale. Il complesso programma di risistemazione dei nostri conti pubblici, non potendo contare sull’apporto del PIL previsto ancora in territorio negativo sia nel 2012 che 2013, deve basarsi esclusivamente sui tagli di spesa e sui sacrifici della popolazione (IMU etc). In questo scenario, tuttavia, il meccanismo di riaggiustamento può funzionare nel lungo periodo solo se i cittadini accettano di fare questi sacrifici nella convinzione che gli stessi possano portare ad un futuro più tranquillo. Risulta del tutto evidente che, nel momento in cui si accorgono che i loro sacrifici sono gocce che spariscono nel pozzo senza fine dei costi della politica, questa accettazione viene meno ed il cittadino torna a difendere la propria posizione rispetto al bene della collettività, evadendo le tasse, affittando immobili in nero o utilizzando lavoratori irregolari. In questo scenario il rispetto degli obiettivi di bilancio concordati, ovviamente, diviene ancora più difficile e, se non si ferma in tempo la spirale, si crea un circolo vizioso che, passando per ulteriori manovre restrittive, finisce per scatenare la piazza.

Una terza considerazione è di natura economico-finanziaria. I continui episodi di malcostume politico, di ruberie e di depauperamento delle finanze pubbliche ad opera della “casta”, ovviamente hanno una enorme eco all’estero. La conseguenza è che, in questo modo, si aggiunge al “rischio sistemico” di cui soffre storicamente l’Italia a causa del proprio debito pubblico (il terzo al mondo) un pericoloso “rischio reputazionale” in grado di far venir meno la fiducia dei mercati e di vanificare anche importanti obiettivi di bilancio raggiunti. Non escluderei che se le attuali nefandezze politiche fossero venute alla luce nei momenti più turbolenti della crisi, le conseguenze in termini di spread e di rendimenti dei BTP sarebbero state molto più pesanti.

Dunque, in considerazione dell’entità, dell’ampiezza e della pericolosità di questa nuova variabile macroeconomica connessa ai costi diretti ed indiretti della politica, ben vengano i primi provvedimenti del Governo Monti volti a “dimezzare” i flussi monetari destinati agli enti locali, ad instaurare rigidi controlli da parte della Corte dei Conti sulla finanza locale, a rendere ineleggibili gli amministratori incapaci o collusi.

Inutile dire che un esecutivo politico mai avrebbe avuto la forza (e la volontà) di intervenire con la stessa rapidità e determinazione.

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