Il punto sulla crisi – 111 / Quel pasticciaccio brutto di Deutsche Bank

Pubblicato su: www.teleborsa.it

Non credo proprio che l’eventuale riduzione della multa comminata a Deutsche Bank dalle Autorità USA a seguito di scorrettezze nel collocamento dei titoli cartolarizzati (subprime) possa tranquillizzarci più di tanto. E’ vero che la riduzione della sanzione da 15 a circa 5 mld di $ consentirebbe a Deutsche Bank di fronteggiare l’eventuale esborso con i fondi già accantonati, tuttavia non si tratterebbe certo della panacea per un problema di portata molto più ampia. Da evidenziare, a questo proposito, l’esternazione del Fondo Monetario che ha “semplicemente” dichiarato che Deutsche Bank costituisce al momento “il principale rischio per la stabilità finanziaria mondiale”.

A ben vedere, ciò che è successo a Deutsche Bank in questi ultimi anni è che l’istituto, compresso in Germania da un sistema di Landesbank e Sparkasse molto radicato sul territorio e sostenuto dai potentati locali, ha dovuto spingere sull’attività rivolta all’estero. Qui però ha trovato sulla sua strada colossi del calibro di Goldman Sachs, Morgan Stanley e JP Morgan. E per competere con questi colossi ha dovuto necessariamente puntare, probabilmente oltre ogni limite dettato dalla prudenza, sull’area della finanza pura. Così facendo, Deutsche Bank ha però spalancato i suoi bilanci ad una massa di derivati imbarazzante(circa 50 mld al netto delle garanzie), cui bisogna aggiungere almeno altri 30 miliardi di poste di “livello 3”. Si tratta, in quest’ultimo caso, di poste di natura finanziaria che, non essendo trattate in mercati liquidi, vengono contabilizzate in maniera molto discrezionale dai modelli interni delle banche stesse. Con l’aggravante che questa nebulosa composta da derivati e poste dubbie non appare affatto fronteggiata da un patrimonio adeguato che possa fungere da cuscinetto in caso di shock improvvisi.

Ma, a ben vedere, forse, il vero rischio Deutsche Bank non si cela negli imponderabili impieghi della banca e forse neanche nei 7 miliardi di Euro di perdite registrate per la prima volta nel 2015. Forse il vero pericolo risiede nel fondato sospetto che il management della banca tedesca, pur di non perdere quote di mercato, redditività, prestigio e bonus, abbia messo in atto comportamenti e modelli di business assolutamente non compatibili con la prudente gestione di una banca a rischio sistemico. E il fatto che Deutsche Bank sia la banca che ha ricevuto in assoluto le maggiori sanzioni, che sia stata tirata in ballo nei maggiori scandali quali la manipolazione dell’Euribor, il dubbio collocamento di titoli subprime e gli interventi finanziari in Paesi soggetti ad embargo, sembra proprio avvalorare questa ipotesi.

E allora, se così fosse davvero, il problema non sarebbero certo le poste di livello 3, ma la possibilità che un ennesimo scandalo inneschi una crisi di sfiducia generalizzata sulla banca che nessun patrimonio potrebbe mai arginare. Durante questa crisi abbiamo ben visto come il fattore “S” (sentiment) ossia le paure, le ansie, le previsioni dei mercati siano perfettamente in grado, anche in assenza di dati economici particolarmente allarmanti, di innescare una spirale di sfiducia non facilmente disinnescabile.

Per averne la prova, basterebbe ritornare con la memoria al novembre 2011 quando l’Italia fu travolta da una crisi di sfiducia generalizzata, non basata su dati oggettivi, che fece schizzare lo spread a 561 punti ed il rendimento dei nostri titoli decennali oltre il 7%. E non vorrei che le prime avvisaglie di una montante sfiducia su Deutsche Bank si siano già manifestate quando, di recente, una decina di hedge fund, tradizionalmente impegnati con l’Istituto tedesco in operazioni di clearing sui derivati, hanno ridotto rapidamente le loro posizioni di liquidità presso la banca.

Da non trascurare, inoltre, che questa ipotizzata ondata di sfiducia, dopo aver travolto Deutsche Bank, si riverserebbe inevitabilmente sugli altri sistemi bancari europei evidenziandone le fragilità. Gli attivi dei sistemi bancari anglosassoni andrebbero in tensione con particolare riferimento alle poste finanziarie (derivati etc), mentre quelli “latini” andrebbero sotto pressione per la enorme mole di credito deteriorato generato da ben 8 anni di crisi ininterrotta. E allora, è come se il gigante tedesco fosse un enorme serbatoio di acqua con alcune fessurazioni sulle pareti. O si interviene al più presto per chiudere queste crepe, o il rischio che la struttura collassi liberando milioni di metri cubi di acqua sui sistemi bancari ed imprenditoriali europei potrebbe diventare piuttosto concreto.

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