Il punto sulla crisi – 101 / L’affaire Volkswagen e lo shadow banking tedesco

Pubblicato su: www.teleborsa.it

Lo scandalo della Volkswagen che pare abbia sparso 11 milioni di auto “sporche” in mezzo mondo costituisce probabilmente l’evento di maggior rilievo di fine settembre. Ma di questo si è già abbondantemente parlato e le indagini per capire la reale portata del fenomeno incriminato sono ancora in corso. Comunque sia, l’essenza del problema sta probabilmente nel fatto che risulta davvero molto difficile convincersi che un raggiro così strutturato e sofisticato possa essere stato portato avanti a totale insaputa del Governo tedesco e dei principali gangli dello Stato. La conseguenza diretta di questa ipotesi è che si rafforzano le perplessità di tutti coloro che ritengono che la Germania, autoproclamatasi guida spirituale ed economica dell’Europa, utilizzi la propria posizione di forza per perseguire i propri interessi anche in dispregio alle norme ed ai regolamenti comunitari di cui dovrebbe essere paladina.

Ma non basta. Infatti, se il sospetto è quello descritto, il pensiero va, anche per semplice associazione di idee, a quell’opaco universo costituito da oltre 500 tra Landesbanken e Sparkasse sulla cui trasparenza e prudente gestione molti studiosi nutrono da anni ampie perplessità. Come noto, si tratta di un coacervo di banche medie e piccole, molto condizionate dal potere politico, che in passato sono state più volte soccorse, nel silenzio più totale, dall’Agenzia Federale FMSA, dal Fondo Soffin e da varie Bad Bank pubbliche. Da non trascurare, tra l’altro, che i tedeschi hanno a suo tempo ottenuto un innalzamento delle soglie dimensionali previste per il passaggio delle banche alla vigilanza della BCE: l’immediata conseguenza è stata che una ottima percentuale di questa sorta di shadow banking tedesco è tranquillamente sfuggita al controllo esterno della Banca Centrale Europea. In parole povere i tedeschi, in relazione a questa nebulosa, ci hanno sempre detto qualcosa del genere: “non vi preoccupate delle nostre banche minori, non ci sono rischi e, se anche dovessero manifestarsi situazioni di criticità, le risolviamo noi in casa”.

Il punto è che, in realtà, il sistema delle banche minori tedesche (e, per certi aspetti anche il gruppetto delle grandi) non è affatto esente, come si potrebbe pensare, da almeno tre delicati fattori di rischio.

Il primo riguarda la presenza tra gli assets degli istituti tedeschi di massicce quantità di derivati speculativi e di titoli detti di livello 3. In particolare, questi ultimi sono titoli non trattati in mercati liquidi e trasparenti e quindi di difficile smobilizzo e di incerta valutazione. Anzi, in assenza di un valore di mercato, la valorizzazione di queste poste costituisce un vero atto di fede nella correttezza delle banche coinvolte.

Il secondo concerne, invece, il forte indebitamento che caratterizza le banche tedesche a scapito della presenza di adeguati mezzi patrimoniali. Risulta evidente che, in presenza di crisi o di specifici shock, le banche che hanno fatto un eccessivo ricorso alla leva finanziaria (indebitamento) divengono più vulnerabili rispetto a banche maggiormente patrimonializzate.

Il terzo fattore di rischio riguarda quell’insana attrazione che molte banche tedesche hanno manifestato perimpieghi ad alta redditività ed alto rischio. Questo appetito per il rischio ha portato, ad esempio, nel recente passato, ad una imbarazzante esposizione verso l’Irlanda, nonché ad enormi impieghi sull’immobiliare spagnolo e sulla cantieristica del Nord Europa. E le conseguenze di queste politiche si sono viste durante la crisi quando le principali Landesbanken hanno visto impennarsi sofferenze e crediti deteriorati ben al di sopra della media europea. Da non trascurare, oltretutto, il fatto che i fattori di rischio descritti appaiono tra loro strettamente correlati e quindi perfettamente in grado di esaltare possibili situazioni di criticità.

Con questo, ovviamente, non si vuole certo affermare che il sistema delle banche tedesche sia a rischio di implosione, ma piuttosto come il voler piegare le regole al fine di conseguire vantaggi di natura economico- finanziaria possa dimostrarsi molto pericoloso. Può generare, infatti, come nel caso dello scandalo della Volkswagen, un rischio reputazionale per l’intera area dell’Euro con possibili ripercussioni sia sulla fiducia dei mercati, che sulla velocità di uscita dall’attuale crisi.

La domanda, dunque, è se possiamo continuare a fidarci delle parole tranquillizzanti dei tedeschi sulla trasparenza e corretta gestione del loro shadow banking. Anche perché diceva Giulio Andreotti “a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso ci si indovina…”.

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