Pubblicato su: www.teleborsa.it
Un forte rischio di contagio
In virologia vengono collocati nel “4° gruppo” solamente i virus più temibili che presentano le seguenti caratteristiche: sono altamente patogeni ed infettanti, hanno un elevato rischio di propagazione in comunità, sono molto pericolosi per i lavoratori a contatto, non sono di norma disponibili misure profilattiche e terapeutiche per il loro contrasto. Ebola, Lassa e le Febbri emorragiche del Congo e di Crimea rientrano tra questi.
Come noto, tutte queste caratteristiche, ed in particolare l’aggressività e l’alta capacità di mutazione, erano ben presenti anche nel virus del “4° gruppo” ideato e programmato dalle grandi banche di investimento americane per generare, attraverso il meccanismo dei mutui subprime e delle cartolarizzazioni, commissioni per sè e bonus per i managers di dimensioni abnormi. Tanto è vero che questo virus, sfuggito ai virologi finanziari americani, dopo aver colpito a morte la Lehman e ridotto in fin di vita altri decani del credito USA, ha iniziato, come temuto, a modificare le sue caratteristiche insinuandosi così anche nelle pieghe del tessuto finanziario degli Stati Europei.
Qui il virus è riuscito, innanzitutto, a minare la fiducia reciproca tra le banche causando la lievitazione esponenziale dei tassi di interesse e, successivamente, sfruttando appunto questo veicolo, ha potuto trasmettere il contagio anche all’economia reale dei Paesi.
Con questa seconda mutazione il virus del “4° gruppo” ha di fatto fermato la crescita dell’ “organismo” attaccato bloccando gli investimenti delle aziende e creando una miscela di sfiducia generale e di aspettative negative in grado di far crollare i consumi e di risucchiare le economie in una spirale deflazionistica quasi di stampo giapponese.
A questo punto i Governi si sono trovati nuovamente a dover affrontare una situazione gravissima: salvato il sistema finanziario dal crollo, ora si trattava di salvare l’economia dalla stagnazione. Questa volta, facendo tesoro degli errori commessi nella grande crisi del ’29, i Governi sono intervenuti con manovre altamente espansive inondando il mercato di liquidità in maniera da abbattere i tassi di interesse, stimolare il settore bancario con il massaggio cardiaco e rimettere in moto il volano dell’economia completamente arrugginito anche a rischio di una successiva onda anomala di natura iperinflattiva.
Ma ancora una volta, proprio quando un certo miglioramento delle aspettative iniziava a tranquillizzare i consumatori e a spingere gli imprenditori verso una ripresa delle attività e degli investimenti, il virus ha subito una improvvisa nuova mutazione e, seguendo il suo istinto, ha aggredito gli organismi più esausti che, tra l’altro, erano proprio i soggetti che lo stavano contrastando con maggiore efficacia: i Governi, gli Stati. I bilanci degli Stati, infatti, appaiono ora particolarmente deboli: sui conti pubblici, già provati dal duplice salvataggio del settore finanziario e di quello reale, gravano, in aggiunta, anche le conseguenze di un passato di finanza allegra che ora emergono drammaticamente.
Il risultato di tutto questo è che i debiti pubblici di tutti i maggiori Paesi sono esplosi, tutti i deficit sono lievitati, tutti i programmi decennali di lento, ma continuo risanamento sono stati interrotti per salvare il sistema economico nell’accezione più ampia del termine. E così si arriva ai fatti a tutti noti, la Grecia sull’orlo del default, Spagna, Portogallo e Irlanda in serissime difficoltà, il varo del più grande piano di salvataggio della storia, le pesantissime misure di risanamento richieste agli Stati in difficoltà, gli scontri di piazza ad Atene, i morti di Atene.
Ad un certo punto, però, ci accorgiamo che qualcosa non torna, nella confusione generale ci rendiamo conto che il virus si propaga sicuramente per sua natura, ma sembra quasi che la sua capacità di contagio sia pilotata, selettiva, anzi, in qualche momento, abbiamo l’impressione che qualcosa o qualcuno lo rinvigorisca, gli conferisca nuova linfa vitale. Addirittura, come calati in una scena surreale, ci sembra di vedere lentamente materializzarsi in lontananza alcune figure dai contorni ancora vaghi e sfocati. Di colpo, però, i tratti si delineano e, con un senso di malessere indefinito, intuiamo sullo sfondo la presenza dei grandi hedge found e delle primarie banche di investimento americane e, un po’ in disparte, quella delle tre sorelle del rating: improvvisamente rincontriamo così i principali artefici della prima grande crisi di avidità, quelli che, tanto per capirci, hanno tentato di rispedirci tutti quanti all’epoca del baratto e dello scambio degli utensili in ferro.
Mentre cerchiamo di capire, di colpo, senza volere, ci torna in mente un articolo del Financial Time che narrava di una strana riunione notturna a New York nella quale, appunto, noti hedge found ed importanti banche di investimento, appena salvate dal default grazie al denaro dei contribuenti, avrebbero tracciato le linee guida di una nuova ondata speculativa avente come principale bersaglio, questa volta, gli Stati più deboli dell’Unione Europea. Ed allora tutto ci sembra improvvisamente più chiaro e tanti accadimenti, notizie, strane “combinazioni” e, soprattutto, alcune tempistiche iniziano a formare nella nostra mente un mosaico coerente, tristemente logico. Innanzitutto ci rendiamo conto che, forse, il “timing” prescelto dal virus del “4° gruppo” per aggredire la Grecia non sia stato così casuale, ma che l’avvio del contagio sia stato attentamente programmato per colpire questa nazione in una fase particolarmente delicata ed instabile.
L’attacco, infatti, è partito, da una parte, in coincidenza dell’avvicinarsi delle prime importanti scadenze dei titoli pubblici greci che, se non onorate, avrebbero di fatto portato ad uno stato di default e, dall’altra, all’avvicinarsi delle elezioni in Germania che costringevano la Merkel ad invocare la linea dura per i Paesi in dissesto, rallentando così l’individuazione di una soluzione tempestiva ed efficace alla crisi.
Ma, proprio mentre stavamo per archiviare queste considerazioni come semplici congetture, scopriamo che, in effetti, esistevano dei soggetti che da tempo, in perfetto silenzio, stavano seguendo l’evoluzione della situazione greca con molta, molta attenzione. E questi soggetti, guarda caso, sono ancora le grandi banche di investimento americane con in prima fila la Goldman Sachs che, già nel 2001, in veste di consigliere più o meno occulto del precedente Governo, aveva assistito la Grecia nel tentativo di “mascherare” il reale indebitamento pubblico attraverso operazioni di finanza creativa (allora consentite) e l’utilizzo di derivati “mitologici” (Arianna ed Eolo). Analoga proposta di “assistenza” era stata nuovamente offerta dalla stessa banca alla Grecia, questa volta senza successo, anche nel corso del 2009!
Ora, risulta assai probabile che queste banche USA, ed in particolare Goldman, avendo dunque seguito la Grecia da un decennio in qualità di veri “padri confessori”, conoscessero dettagli finanziari agli altri sconosciuti e fossero, chi più chi meno, tenute costantemente informate sulla reale situazione dei conti pubblici e sull’evoluzione della situazione finanziaria del Paese. E questo grazie, non solo ai politici, ma soprattutto agli strettissimi legami instaurati nel tempo con la pubblica amministrazione ellenica, notoriamente non attentissima alle questioni morali e quindi, verosimilmente, assai collaborativa nel fornire alle banche di investimento tutte quelle informazioni utili per programmare il virus con ampio anticipo ed estrema precisione.
Ma, a ben vedere, anche i bruschi picchi dei corsi azionari, dei titoli di stato, e dei tassi di interesse registrati nei periodi successivi allo scoppio della crisi non appaiono come normali reazioni dei mercati ad una grave situazione di instabilità, ma sembrano piuttosto conseguenze di precisi attacchi del virus, pilotati dalla “longa manus” della speculazione.
Quello che veramente colpisce è, infatti, la ritmicità degli attacchi e la loro sincronia: ogni singola schiarita della situazione dovuta, ad esempio, ad un buon risultato di Wall Street, alla individuazione di una concreta ipotesi di salvataggio, al varo di un piano di risanamento da parte della Grecia, è stata puntualmente “spazzata via” da una nuova incursione speculativa che, immediatamente, ha fatto lievitare gli interessi sui bond greci rendendo cosi sempre più costoso il rifinanziamento del debito pubblico ellenico e più difficile e dispendiosa la manovra di risanamento. Ma oltre alla ritmicità e sincronia, ciò che ci fa realmente temere di esser di esser in balia di un gruppo di forze speculative organizzate e determinate è la natura “concentrica” degli attacchi portati contemporaneamente anche ad altri Paesi dell’area Euro. Il presupposto consiste nel fatto che, una volta che la speculazione individua come obiettivo il default della Grecia o la ristrutturazione del suo debito, il non raggiungere il target prefissato può tramutarsi in un “bagno di sangue ” per gli scommettitori stessi.
Accettando questo presupposto, l’ipotesi è che gli speculatori – spaventati dalla possibilità che lo scarso peso specifico della Grecia (il suo PIL corrisponde a quello della Lombardia) potesse consentire una rapida soluzione interna all’Euro della crisi – abbiano deliberatamente deciso di raggiungere l’obiettivo principale giocando “di sponda”, ossia favorendo la contemporanea espansione del virus in altri organismi deboli, quali la Spagna ed il Portogallo. L’importante, infatti, in questo caso, era diffondere sui mercati perlomeno il sospetto che la Grecia non potesse essere salvata con un intervento ad hoc in quanto altri Paesi stavano scivolando rapidamente lungo la stessa china.
In tutto questo, però, l’aspetto veramente inquietante è che, questa volta, il virus utilizza per l’espansione del contagio negli altri Paesi un nuovo potentissimo veicolo: gli improvvisi, brucianti, e sistematici downgrade che in rapidissima successione le tre società di rating, improvvisamente disibernate da qualcuno (gli hedge fund, le grandi banche?) hanno inflitto a Portogallo e Spagna disarticolando così le residue difese dell’area Euro.
Ma le nostre ultime illusioni sul corretto funzionamento del mercato, sulla totale validità e trasparenza delle sue regole, sull’assenza di un piano speculativo attentamente preparato crollano miseramente tra le 14,40 e le 14,47 (ora di New York) del 6 maggio quando, in incredibile coincidenza con un rapporto pubblicato da Moody’s nel quale si avanzavano implicitamente dubbi sulla tenuta dei sistemi bancari di 5 Paesi tra cui Italia e Gran Bretagna, si verifica, con precisione chirurgica, un inspiegabile “flash crash” su Wall Street che fa registrare al listino USA un calo improvviso di 1000 punti con perdita di circa 1000 miliardi di capitalizzazione: nello S&P 8 titoli si azzerano e 15 vedono il loro valore dimezzarsi!
Ovviamente la situazione si normalizza in breve, ma i mercati, ancora con i nervi a fior di pelle per la serie di downgrade ed il rapporto Moody’s, sono completamente disorientati: la SEC, dopo un’indagine sommaria, ammette di essere incapace di trovare una causa all’accaduto, ma i sospetti che non si sia trattato di casualità sono fortissimi.
La lunga serie di coincidenze e combinazioni fin qui descritta appare, a questo punto, veramente inquietante e sospetta, tuttavia alcuni studiosi continuano a ribadire con decisione che tutto questo rientra nelle logiche di mercato, che il mercato non può e non deve essere in alcun modo regolamentato o vincolato, che non vi è prova certa di alcun attacco speculativo e che comunque anche questo rientrerebbe pienamente “nel gioco”.
Da parte sua il virus del “4° gruppo”, programmato per rimanere immobile ed in silenzio prima della successiva aggressione, attende solamente nuove istruzioni.